scintillano nel buio come gli astri
lontani che guardavamo di notte
tra le piante di menta e di lavanda.
E le insegne gialle dei benzinai
non mi dicono più che sei vicina,
ma mi riempiono di buoni-regalo
che non saprò neppure come spendere.
Vedi com’è viaggiare senza scopo,
andare a visitare posti insoliti
dove non te incontrerò ma il romanico
e la voce del mare in una piazza?
Prende la nostalgia per un passato
che si è giurato di dimenticare,
si cade ipnotizzati da se stessi,
circuìti dal richiamo del ricordo.
L’oasi dell’autogrill sembra posticcia,
un luogo senza tempo e senza fine:
vi bevevo il caffè quasi scottandomi
per riprendere la via verso te...
Ora adocchio con sospetto i figuri
che fuori dal bar attendono i clienti:
ho più attenzione per i borsaioli
che per il tuo ricordo addormentato.
È che mi sono stancato di attendere,
non fa per me recitare in Godot:
arriverà la primavera un giorno,
all’improvviso, dietro la finestra.
E potrò correre nei prati, libero
dal tuo fardello colmo di dolore,
potrò inseguire il volo delle rondini
senza curarmi più della tua ombra.
E attraversando i campi di frumento,
beato del sangue rosso dei papaveri,
ascoltando la canzone del fiume
potrò sentirmi finalmente vivo.
Fotografia: Jupiter
2 commenti:
Un viaggio nella giurisdizione della tua anima. Bella è dire poco. Un abbraccio.
Ricambio l'abbraccio. il tuo commento spalanca alla mia mente i territori sterminati dei racconti di Borges o di Buzzati.
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