“Di ciò che fu rimane
una voce sospesa.”
ALESSANDRO PARRONCHI
Scendi verso la spiaggia, lentamente:
i miei ricordi ti vogliono lì.
E nelle ciabattine bianche i piedi
falli danzare con dolce apatia,
gemelli al dondolio della tua borsa
che poggia sulla spalla come il tempo.
Prosegui sotto le chiome dei pini,
ritrova il luogo dove ci dicemmo
la prima volta amore mio e per sempre
(per sempre almeno nella mia memoria,
simile a lastra impressionata, quelle
delle antiche macchine fotografiche).
Poi con un gesto vago delle mani
scompiglia le nuvole sul pontile,
aggiorna le bandiere al vento caldo
e fai in modo che il mare sia un po’ mosso
- come piace a me, sembri quasi oceano,
mi simuli l’amata California.
Ed una volta giunta lì, fai pugni
di sabbia e lasciali cadere al vento
per valutarne il senso ed il tuo tempo
(c’è sempre un po’ di vento nel ricordo,
anche se non saprei dire da dove
soffi, se sia il libeccio o sia il grecale).
Ascolterò le tue parole attese
come se io fossi lì e la tua voce
giungesse nell’eco della risacca.
Saprò già prima che tu apra la bocca
che cosa udranno le mie orecchie stanche:
il mio nome scivolerà nell’aria.
Ed io - da molto lontano, nell’ombra,
un voyeur rintanato nel passato -
mi muoverò per venirti incontro.
E sbatterò nel vetro del ricordo,
ridestandomi con nuove ferite,
riducendo in frantumi tutto il sogno.
Jack Vettriano, "Il dolce uccello della gioventù"
2003