giovedì 8 maggio 2008

La salita

Ho risalito quegli erti pendii
cercando nella luce il tuo conforto,
un raggio di sole filtrato appena
dal fogliame ombroso dei castagni.
  
Dopo la prima curva della strada
scomparsa era la villa dei cavalli,
il contadino curvo sopra l'aglio
che avevo salutato con un cenno.

Il tuo ricordo fiammeggiava ancora,
tra i rami disegnava rosse lame,
mi parlava con voce di sirena
- la tentazione mi diceva "Cedi".

Ma io guardavo le foglie battute,
il sentiero segnato dagli zoccoli,
salivo e non guardavo, nuovo Ulisse
che aveva smarrito la nave in terra.

Non c'è stato bisogno di legarmi
né ho chiesto mi fosse versata cera
negli orecchi - io volevo sentire
quanto dicevi, sentire e resistere.

Un passo dopo l'altro, un passo ancora,
salendo come i semi di tarassaco
senza finire prigioniero mai
dei lacci bianchi delle ragnatele.

Passavano casali diroccati
e lecci, faggi e piccole sorgenti,
passavano i fiori del maggiociondolo
e i ricci abbandonati dall'autunno.

La strada serpeggiava e poi spianava
all'improvviso, mostrava paesaggi
lontani annegati nella foschia
e ponti e fiumi e paesi senza nome.

E ti sentivo, ancora ti sentivo,
nel silenzio ti sentivo: eri un rombo
che mi rifluiva nel sangue, bolliva
come l'acqua reclusa nelle dighe.

Eri il passato che si ripeteva,
eri il rimpianto che mi amareggiava,
ma se portavo il peso degli errori
avrei potuto un giorno liberarmene.

Fu quando sentii il cuculo cantare
che vidi chiaro - scorgevo la vetta.
Bizzarro sia quell'uccello crudele
a segnare il percorso, ad indicare.

C'era soltanto una croce lassù,
illuminata dal sole di maggio
- "Questo è il cammino, segui la tua via"
seppi era scritto, non c'era cartiglio.

Presi i miei domani come narcisi
e ridiscesi con passo leggero.
Guardavo i passeri lungo il tragitto
e le lucertole sdraiate al sole.

Dopo l'ultima curva ritrovai
il contadino - sembrava trascorso
un secolo, non erano che ore.
Mi salutò con un sorriso chiaro.


Fotografia © Daniele Riva


2008

mercoledì 7 maggio 2008

Tempo d'amore

È fluido che ipnotizza quel tuo amore,
un bagliore violento che stordisce.
E, come il viaggiatore sente il mare
nel sangue ancora prima di avvistarlo,
ti avverto in me come un’agitazione.
Chiudo gli occhi e rivedo le lagune,
le sagome di case sulle isole:
non vedo più quella lavagna nera,
quell'infinito vuoto come spazio.
I tuoi occhi vedo, perché l'amore
ha il tuo sguardo smarrito nel crepuscolo.

E la parentesi aperta quel giorno
contiene ancora cifre, segni e lettere
e ancora assomma e moltiplica, vive
insomma, anche se talora divide.
Non ha trovato la gemella opposta
che significa fine - non l'omega -
ed è. Da questo minuscolo verbo
prende linfa e respira, come fiume
percorre la pianura, qui impetuoso
e travolgente, là breve rigagnolo
che a malapena scorre tra le pietre.

Un giorno romperà gli argini e tu
dovrai serrare la porta del cuore
o spalancarla, lasciarti invadere:
sarà tempo d'amore, tempo di te.




Jack Vettriano, "Back where you belong"


2002

martedì 6 maggio 2008

Caffè a Cordusio

Guardo Milano scorrere dai vetri
oltre la simmetria dei tavolini
- tram arancioni si infiammano al sole
di maggio con riflessi iridescenti;
negli specchi si portano i palazzi
del Cordusio e cieli di catenarie,
effimeri fiori sbocciati al centro
della città, all'altezza del cemento.

La folla anonima è un fiume che scorre
per Via Dante - ne scorgo le camicie,
i seni, i tacchi, le cravatte chiare.
Da questo tavolino di caffè
ne sento il palpito, come di un cuore.



Fotografia © Daniele Riva


2008

lunedì 5 maggio 2008

Credo quia absurdum

Abbazia di Sant'Egidio, Fontanella
Credo quia absurdum… ecco, ora l’ho detto
su queste pietre consunte dai passi,
su queste pietre corrose dai secoli
dove la mano posò la sua croce.

Credo quia absurdum… per come la luce
attraversando l’antica monofora
disegna nel fresco dell’abbazia
un piccolo miracolo di sole.

Accolgo le parole di Agostino
le sigillo nell’antro delle labbra
- diventano soltanto pura luce
per cucire la fede e la ragione.



Fotografia © Daniele Riva


2008

domenica 4 maggio 2008

Perché è domenica

Ragionando su aspetti risaputi
ti siedi e liberi pensieri come
un'acqua che scorra, fresco ruscello
che discenda dalla tua bocca al mare.

La libertà è trovarsi in questo parco,
sfiorare con le dita le ringhiere,
guardare le anatre nuotare calme,
sostare sul legno delle panchine.

E raccontarsi che la vita è bella
mentre tu, china, stuzzichi una foglia
che spunta da un germoglio nel terreno.

Perché è domenica, perché tu sei
una donna, perché questo è l'amore.



James Coates, "Coppia sdraiata su  un prato"


2006

sabato 3 maggio 2008

Sera sul balcone

Con le mani aggrovigli le distanze,
ravvicini le nuvole sospinte
da un vento minaccioso sopra i monti,
allontani le case dei dintorni
- e se ci fosse il mare dietro le piante
che tagliano il percorso delle rondini,
se dune di sabbia chiara si aprissero
dove si ergono seni di colline,
se le gru fossero quelle di un porto...

Il temporale si è dissolto in fretta,
avrà lasciato tutta la sua furia
sulla zona dei laghetti morenici.
Adesso punti le stelle, le sfreghi
tra le dita esprimendo desideri.



Fotografia © Daniele Riva


2006

venerdì 2 maggio 2008

Asiago 2006

La lunga strada che porta al Sacrario
è un fiume da percorrere onorando
la memoria di giovani perduti,
voci strozzate da un ramo di guerra
come il giacinto spezzato dall'erpice.

Il loro dono è chiuso dentro il marmo
bianco che svetta sulla breve altura;
le donne che non sono state amate,
i figli che non ebbero carezze,
i giorni mai vissuti, tumulati
da palle di cannone, da proiettili.

Ragazzi, siamo qui per voi - veniamo
con sguardo lucido e cuore pulsante
per non dimenticare il nostro ieri.



Fotografia © Daniele Riva


2006