mercoledì 8 aprile 2009

Abruzzo 2009

La terra è madre, la terra è matrigna.
Crudele adesso, crudele e perversa.
Le chitarre ora pendono dai muri,
da cornicioni franti nella notte
come grissini - divise a metà
non suoneranno più, mute diranno
al mondo il loro canto d'agonia.

Feroce la terra, arcigna e brutale.
Un'aguzzina con voce di tuono.
I corpi in fila sotto i verdi salici
non sanno l'angoscia dei vivi persi
nelle coperte come grigi spettri.
I sogni, le promesse, sono lì,
abbandonati tra il fango e la polvere.

7 aprile 2009


Fotografia: La Stampa

6 commenti:

Anonimo ha detto...

E' evidente il tuo rimando ai versi di Quasimodo ("Alle fronde dei salici, per voto,/anche le nostre cetre erano appese,/oscillavano lievi al triste vento").

Il paragone con lo sconquasso assurdo e brutale, fisico ed emotivo, dei bombardamenti della guerra è infatti immediato, istintivo e drammatico, ci raggiunge e percuote in ogni immagine, nella voce dei sopravvissuti come numero enorme dei caduti.

Avrei voluto, ma non sono riuscita, a scriverne

Luciana - comoinpoesia

Anonimo ha detto...

Come Luciana, anch'io ho una specie di paresi mentale. E' un dolore troppo forte per poterlo inserire nei miei versi. Ma ho una deferenza assoluta per te, che hai saputo cristallizzare il dramma. Il mio affetto è qui. franca

DR ha detto...

Io non riuscivo a scrivere altro, invece: come dopo l'11 settembre.

L'analogia e il richiamo a Quasimodo sono nati da una fotografia: c'erano le macerie e questa chitarra sfondata. L'ho trovata subito straziante: i versi di "alle fronde dei salici" si facevano dolorosamente vivi. E se consideriamo il testo di Maria Luisa Spaziani che ho pubblicato sul "Canto delle sirene", il cerchio si chiude.

Cristallizzare il dramma, dice bene Franca: coglierne solo frammenti, perché è impossibile inquadrarne la vastità.

Daniele

Luciana Bianchi Cavalleri ha detto...

forse, solo in una preghiera è possibile condensare il brivido attonito che ci pervade.
E solo in questo modo, sono riuscita ad esprimere ciò che provo

Luciana

Anonimo ha detto...

un giorno sarò li,tra i piccoli vialetti a fumare ricordi.e li troverò un sorriso di un bambino che gioca, incosciente di ciò che è accaduto. nel suo sorriso rivedrò il mio dramma. "scampato" dal mostro dell'irpinia.

DR ha detto...

Deve essere davvero terribile. Ma la speranza rinasce: è un bambino che gioca, è un fiore che spunta tra il cemento.